Oggi 25 novembre è dedicato la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, evento annuale che fu istituito nel 1999 dalle Nazioni Unite con una risoluzione specifica, e proprio per cercare di sensibilizzare tutti su questo argomento, ne parliamo con la Dott.ssa Alice Xotta, psicologa, psicoterapeuta, il Dott. Vittorio Rizzo, odontoiatra, Presidente dell’Andi (Associazione dei Dentisti Italiani) della provincia di Padova.
Abbiamo cercato di interpretare dati preoccupanti di questo fenomeno che descrivono un’emergenza reale attuale : dal punto di vista psicologico i generi maschile e femminile si attraggono in una naturale polarità psicofisica, ma, da quanto emerge, essi vivono una profonda crisi conflittuale. Approfondiamo le dinamiche che possono spiegare questa lampante contraddizione
“Nel linguaggio che esprime il senso comune ci siamo abituati alla narrazione che la violenza sia generata da storie d’infanzia difficile – risponde la Dott.ssa Xotta – di violenza familiare subita a loro volta dai carnefici. Effettivamente in alcuni casi è proprio così. Credo sia opportuno citare qui un topos ben descritto nella teoria dell’apprendimento sociale di Bandura, la quale ci insegna che un bambino esposto alla violenza, imparerà in maniera indiretta a riproporla da adulto. La violenza sarebbe dunque un passaggio intergenerazionale quasi obbligato, quando essa si presenti come unica forma esperita di relazione con gli altri. Tutto ciò è abbastanza noto.
Qui oggi vorrei però porre l’accento su altre dinamiche sottili, che contestualizzano le cause della violenza di genere. I motori psicologici che ingenerano tali condizioni sono spesso determinati da vissuti come: autostima labile, attaccamento affettivo insicuro, paura dell’abbandono, ma anche confusione e ambivalenza all’interno dei rapporti sia familiari che di tipo amoroso.”
Stiamo affermando dunque che vi è un processo culturale, che attende da tempo di essere avanzato, che determina la possibilità di instaurare condizioni adatte alla prevenzione dei fenomeni di violenza
“Certamente, questi elementi, che sottolineo essere spesso cause e non solo conseguenze – continua la Dott.ssa Xotta – li rileviamo sia nella donna, per quanto riguarda ad esempio l’aspetto dell’autostima labile, che non favorisce certo il processo di autodeterminazione, ma anche nei maschi, che mostrano talvolta un’insicurezza tale da pregiudicare una sana dinamica relazionale.”
Anche l’Associazione dei dentisti italiani è stata coinvolta in primo piano su tale tematica e cerchiamo di capire quale ruolo essa possa avere soprattutto nell’ambito della prevenzione
“Il dentista, nell’ambito del suo ruolo sociale, beneficia sotto certi aspetti di punto di osservazione privilegiato – risponde il Dott. Rizzo – L’Andi (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) da sempre conserva nel suo animo il concetto di prevenzione del disagio e della malattia. Tra gli aspetti da prevenire e curare vi è anche quello di intercettare le cause della violenza che le donne subiscono.
Per Andi prendere atto che una donna ogni 3 giorni viene uccisa per morte violenta, generalmente per mano del partner o di chi si dichiara tale, è un dato piuttosto scioccante. La nostra associazione già qualche anno fa, in collaborazione con ‘Doppia Difesa’, associazione che mette a disposizione supporto psicologico verso le vittime di discriminazione, abusi e violenze, ha deciso di intraprendere dei progetti dedicati alla formazione del personale dei nostri studi e degli operatori sanitari in genere. Tutto ciò al fine di stimolare la sensibilità sul problema della violenza. L’iniziativa fu rivolta anche ai pazienti dei nostri studi, attraverso la diffusione di opuscoli sull’argomento. La nostra associazione rappresenta, sul territorio italiano, circa 27000 odontoiatri, afferenti a circa 60.000 studi dentistici. La nostra presenza sociale capillare ha favorito decisamente la diffusione dell’iniziativa.”
La violenza di genere molte volte si realizza in ambiente familiare domestico alla presenza di minori. In che modo il dentista, dal suo osservatorio, può quindi contribuire alla raccolta di informazioni e all’educazione sulla prevenzione del fenomeno
“Il nostro contributo può essere determinante – prosegue il Dott. Rizzo – sia per la presenza diffusa dei nostri punti di osservazione, sia per la nostra pratica clinica, addestrata da sempre ad ingaggiare un rapporto psicologico particolarmente empatico con i pazienti. Il dentista incute ancora paura nell’immaginario collettivo, ma proprio questo aspetto apre degli inaspettati canali comunicativi profondi e confidenziali. Un buon rapporto fiduciario, unito alla nostra attenzione clinica, ci permettono di individuare dei segnali d’allarme, o di rilevare dei segni inconfondibili di lesioni traumatiche da violenza.
In tale contesto il dentista è chiamato a svolgere un ruolo sociale di primaria importanza nel rilevamento di episodi di violenza, nella loro documentazione ai fini medico-legali e nel fornire supporto, informazioni utili e consigli di indirizzo verso enti assistenziali, come numero verde anti violenza ed app dedicate allo scopo. Non ultimo quello di coinvolgere le autorità in caso di episodi di violenza conclamati.”
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