La Fusion di Eumir Deodato e Jeff Lorber
Abbiamo parlato di musica che sussurra, che può raccontare sentimenti, emozioni, atmosfere, e proprio di atmosfere musicali parliamo oggi di quel qualcosa che pervade i vari pezzi, che sembrano portarci in altri lidi, a scoprire differenti orizzonti sui quali magari no ci eravamo mai soffermati.
La musica va interpretata e ciascuno di noi ha il suo “segreto” interno che difficilmente, in quanto tale, riesce a svelare o anche solo a spiegare, un insieme di emozioni che si possono solo condividere, o cercare di farlo, senza tutta via prevaricare mai l’altrui sensibilità.
Vogliamo scoprire alcuni autori e musicisti che non hanno raggiunto la fama mondiale, perlomeno in Italia, che sono poco conosciuti ma che hanno dato un loro apporto e un’impronta importante nella musica, in questo caso nel genere “Fusion”.
La Fusion è un genere musicale che mette insieme tra loro generi diversi, inizialmente chiamato anche jazz rock ha avuto l’influenza da una serie di generi musicali , jazz, rock, funky, pop, brasiliana e orientale, con una ricerca sonora che si evolve sia nell’accompagnamento sia nella struttura generale del brano

Eumir Deodato di origini italiane e portoghesi ma nato in Brasile, pianista, compositor e produttore discografico, divenne famoso nel 1974, vincendo anche il Grammy Award for Best Pop con la sua versione funk di “così parlò Zaratustra (Also sprech Zaratustra) di Richard Strauss, tema già ripreso nel film 2001 Odissea della Spazio del 1968, Deodato ha lavorato su più di 500 album, quindici dei quali hanno raggiunto il disco di platino, è stato arrangiator per Wes Montgomery, per la cantante brasiliana Astrud Gilberto, per Frank Sinatra, per i Kool and the gang, ma ci soffermiamo sul suo album Love Island del 1978.
In questo album Deodato mette insieme eccellenti interpreti che si alternano nei vari brani dell’album, e troviamo così Larry Carlton, John Tropea, George Benson e Al Mckay alla chitarra, Harvey Mason, Joe Correro e Rick Marotta alla batteria , Pops Popwell al basso, Jimmy Maelen e Ray Armando alle percussioni.
Ovviamente le mani di Eumir Deodato sono su keyboards e synthesizer oltre alla voce e proprio da qui riesce a creare quell’atmosfera che viene direttamente dall’armoni delle strumentazioni.

Il brano da ascoltare è quello che dà il titolo all’album “Love Island”, che inizia con lo sciabordio dell’acqua che introduce il suo keyboards che viene ripreso da drums e guitar e si sviluppa con il synthetizer con la chitarra di Larry Carlton che in sottofondo ti porta ad apprezzare la melodia e l’apertura degli spazi che diventano più ampi di quelli squisitamente musicali. La voce solista del keyboards subito ricantato con grande maestria dalla guitar solist di George Benson sembra quasi chiederti se su questo ambiente ti stai trovando bene , se riesci ad allontanare pensieri e ansie, trasformandoti in musica. Con il vocalanger poi Deodato ti dà tutte le spiegazioni e ti saluta in lontananza.
Sullo stesso tono l’altro brano dell’album, Tahitti Hutt, dove si alternano alla chitarra AlMckay, Freddie White al drums e Verdine White al bass.

Jeff Lorber, keybordista, compositore e produttore già nel 1977 aveva fondato il gruppo “the Jeff Lorber Fusion” e solo il nome la dice lunga su quanto questo artista abbia inciso nella musica Fusion e si può dire sia stato uno degli antesignani, di questo genere di musica. Aveva iniziato come pianista in una band R&B ma si è avvicinato al jazz e anche per la conoscenza del chitarrista John Scofiled per quello che inizialmente si chiamava appunto jazz rock e la praticamente contemporanea conoscenza con Herbie Hancock, il gruppo Weather Report e i Returns to Forever.

Da ascoltare una serie di brani dall’album The very best of Jeff Lorber del 1996 dove la musicalità e la fluidità del suono si mischia con toni e contrappunti decisamente jazz, ben supportata del keyboards di Jeff Lorber, e soprattutto nel brano Katherine la chitarra di Stuart Wylen va alla ricerca di scale di gusto rock alternato ad un sound appena mistico che quasi sembra di rimanere per un attimo sospesi, il tutto in maniera facilmente orecchiabile e semplice.
Altro brano da ascoltare è Say love dove la musica alla ricerca dell’emozione del keyboard iniziale prende forma nel vocalist di Eric Benet e Jeff Pescetto con le voci che sembrano essere avvolte da una continua scala armonica del keyboards stesso che si trasforma anche in piano appena contrappuntato da una sottile chitarra di Marion McClain

In Everybody Knows That tratto dall’Album Flipside 2005 c’è un Jeff Lorber che si pone in forma più diretta con il funk /pop, compaiono i fiati con sax e horn arrangiati da Davis Mann, è netto il suono del pianoforte di Jeff Lorber sicuramente di matrice jazz e ha una presenza più netta l’accompagnamento delle percussioni di Lenny Castro che si unisce alla matrice funk del basso di Paul Jackson jr che invece con la chitarra rimane in un sottofondo anche difficilmente individuabile di accompagnamento.
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